Stock immobiliare, ecco come cambia il mercato italiano

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Stando a quanto sanciscono gli ultimi dati elaborati dall’OMI – Agenzia delle Entrate, nel 2018 lo stock immobiliare italiano è cresciuto dello 0,6% (ca. + 400 mila unità) rispetto al 2017, con 68,7 milioni di intestatari di unità immobiliari, principalmente concentrati tra il gruppo A e il gruppo C.

Cerchiamo tuttavia di valutare nel maggior dettaglio quali sono i principali elementi informativi che è possibile trarre dal dossier dell’Osservatorio, e che cosa è accaduto rispetto al precedente aggiornamento pubblicato nell’estate scorsa.

La rendita catastale

Accertato il rialzo del numero di unità immobiliari censite, emerge come la rendita catastale che viene complessivamente attribuita allo stock ammonti alla fine del 2018 a quasi 37,5 miliardi di euro, di cui il 61% su immobili di proprietà di persone fisiche (22,8 miliardi di euro) e il 39% su immobili di proprietà  di persone non fisiche (14,5 miliardi di euro). Rispetto al 2017, la rendita catastale risulta essere cresciuta dello 0,5%.

Per quanto attiene la distribuzione della rendita catastale per gruppi di categorie catastali, la quota principale è legata agli immobili del gruppo A (tranne A/10), che forniscono rendite per 17 miliardi di euro (+ 0,5% a/a) su un totale di 37,4 miliardi. A seguire il gruppo D, con 10,5 miliardi di euro (+ 0,5% a/a) e il gruppo C, con 6,1 miliardi di euro (+ 0,3% a/a).

Il quadro degli immobili residenziali

Passando poi a un quadro riassuntivo delle unità immobiliari ad uso residenziale, rileviamo come il dato – riconducibile essenzialmente al gruppo A con l’eccezione della classe A/10 – al 31 dicembre 2018 indicasse circa 35 milioni di unità immobiliari, 92 mila unità in più di quelle che erano state rilevate alla fine del 2017.

A crescere, anno su anno, sono soprattutto gli immobili di classe A/7 (villini, + 1,0%), A/2 (abitazioni civili, + 0,7%), A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi, + 0,5%) e A/3 (abitazioni economiche, + 0,4%). Di contro, il segno negativo sembra riguardare più pesantemente le classi A/6 (abitazioni rurali, – 3,2%) e A/5 (abitazioni ultrapopolari, – 2,6%) e in misura minore A/1 (abitazioni signorili, – 1,8%), A/4 (abitazioni popolari, – 0,5%), A/8 (ville, – 0,5%), A/9 (castelli e palazzi di pregio, – 0,2%).

Le consistenze medie

Concludiamo infine con un rapido richiamo alle consistenze medie delle abitazioni in termini di numero medio di vani per unità immobiliari.

Alla fine del 2018 emergeva come l’abitazione media censita in catasto avesse 5,5 vani, e come le classi più popolose, quali quelle delle abitazioni civili (A/2) e abitazioni economiche (A/3), avessero rispettivamente una media di 5,9 e 5,4 vani.

La superficie media delle abitazioni censite, calcolata come rapporto tra la superficie catastale complessiva e il numero di unità, si conferma in circa 117 metri quadri, con un dato inferiore a 100 metri quadri per le abitazioni che rientrano nelle categorie A/4, A/5, A/6 e A/11 e – prevedibilmente – un dato ben superiore ai 200 metri quadri per le unità che rientrano nelle categorie A/1, A/8 e A/9.

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